Antonello da Messina è, senza ombra di dubbio, la star incontrastata del primo semestre del 2019 a Milano, presente contemporaneamente sia in una mostra a Palazzo Reale che al Museo Poldi Pezzoli.
“Questa è una mostra dedicata a chi sogna, a chi ha obiettivi ambiziosi e ha il coraggio di realizzarli, come Antonello Da Messina. E a chi è convinto che la bellezza possa salvare il mondo”. Domenico Piraina – direttore di Palazzo Reale di Milano
Frutto della stretta collaborazione tra la Regione Sicilia in primis, con altre importanti istituzioni sia nazionali che internazionali come la National Gallery di Londra, gli Uffizi, il Philadelphia Museum of Art e il Comune di Milano, è ancora in corso la mostra di Antonello da Messina a Palazzo Reale, curata da Giovanni Carlo Federico Villa.
Notevole l’installazione delle opere stesse, tavole di piccole dimensioni esaltate da una scenografia perfetta.
I dipinti in mostra sono 19 in tutto, ogni tavola dialoga con il suo disegno omologo, a volte solo schizzi e appunti, eseguiti dallo storico dell’arte Giovanni Battista Cavalcaselle nella metà dell’800 che per primo ricostruì il catalogo del grande artista. Gran parte delle opere di Cavalcaselle sono provenienti dalla Biblioteca Marciana di Venezia.
La magia di Antonello da Messina sta nel rendere vivi e contemporanei i suoi personaggi e riesce ancora a commuoverci per l’umanità che traspare dai suoi ritratti.
Il celebre Ritratto d’uomo (1465-1476 circa), proveniente dalla Fondazione Culturale Mandralisca di Cefalù, dall’espressione compiaciuta, un po’ guascona ci osserva con quell’ironia scanzonata che ispirò Vincenzo Consolo nel suo best seller “Il sorriso dell’ignoto marinaio” nel 1976.
Antonello da Messina ha una formazione prevalentemente napoletana essendo stato allievo, a Napoli, del Maestro Colantonio. In quel periodo regnavano gli aragonesi e Napoli divenne l’approdo di un colto collezionismo favorendo l’arrivo di pittori sia fiamminghi che spagnoli.
Secondo Vasari, Antonello da Messina fu il primo, in Italia, ad introdurre la tecnica della pittura ad olio. Per render fluidi i colori usava l’olio stemperando i pigmenti, tecnica già ampiamente utilizzata dai pittori fiamminghi per aumentare la luminosità e la trasparenza. La pittura ad olio, spesso mista a tempera, consente ad Antonello da Messina la possibilità di creare quelle ombre e quelle velature che danno espressione alla figura nel suo insieme.
In pratica Antonello unisce la scuola analitica fiamminga fatta di atmosfera, luce e dettaglio con la scuola sintetica italiana e la sua monumentalità e spazialità razionale.
Di forte ispirazione fiamminga, in particolare la pittura di Jan van Eyck, il dipinto San Girolamo nello studio (1475 circa), come pure La crocefissione (di Sibiu), che rimanda ad una forte influenza della pittura fiamminga e catalana.
Emoziona il volto di Cristo nel celeberrimo Ecce Homo o Cristo alla colonna, dove l’ombra della corda, i peli della barba e le lacrime che sfuggono e corrono sulle sue guance creano un esplosivo effetto patetico e realistico.
E così in un susseguirsi di capolavori fino ad arrivare al dipinto principe: l’Annunziata di Palermo.
La chiave del suo successo sta nell’assoluta semplicità, molto immediata e moderna.
E’ un dipinto iconograficamente unico, rappresenta ciò che succede dopo che l’angelo è appena andato via, la mano della Madonna è come se volesse chiedere qualcosa, ma la spiegazione la sta già trovando in parte nel libro e in parte nel suo cuore. Colpisce il forte contrasto tra la mano sinistra e destra: quella destra vorrebbe ancora fermare e interrogare l’angelo mentre la sinistra stringe sul petto il velo, nella rappresentazione di una chiusura dentro sé stessa come cita il vangelo: “Maria meditava queste cose nel suo cuore”; con una formidabile capacità di lettura interiore Antonello sembra individuare il versetto evangelico. Gli occhi bellissimi della Madonna si interrogano pieni di dubbio, il dettaglio della piega del velo, la semplice composizione, in perfetto stile italiano, estremamente moderna ed inusuale per quel periodo fanno intuire che si tratta, quasi sicuramente, di un dipinto devozionale nel quale Antonello coglie fino in fondo il carattere del personaggio.
Contemporaneamente alla mostra a Palazzo Reale, il Museo Poldi Pezzoli di Milano presenta un’ultima donazione, proveniente da un’importante collezione privata italiana: La Vergine leggente (1460 circa) attribuita ad Antonello da Messina da Roberto Longhi.
Si potrebbe trattare di un dipinto giovanile di Antonello, realizzato con tecnica mista sia a tempera che ad olio. La figura risente dell’influenza fiamminga di Van Eyck ma la forma compositiva e lo stile rimanda ai dipinti della predella del suo maestro Colantonio.
La corona presente in questo dipinto ha una connotazione simile ad altre due opere di Antonello: la Madonna Salting della National Gallery e la Vergine leggente di Baltimora, quest’ultima non unanimamente attribuita ad Antonello da Messina.
Paradigma della bellezza e della purezza, il dipinto resta comunque un’opera di eccezionale qualità sia dal punto di vista tecnico dell’intuizione e della cultura ed è posto nella sala principale del Poldi Pezzoli, in compagnia di Pollaiolo, Mantegna, Bellini e Botticelli.
Un’occasione di visita da non perdere.
Per chi volesse approfondire l’argomento, rimando ai seguenti link, tutti molto interessanti, scritti da uno studioso di Antonello da Messina, l’architetto Francesco Galletta:
Il Barone e il Marinaio. Un volto di Antonello da Messina nel romanzo di Vincenzo Consolo.
©Giusy Baffi 2019 (pubblicato su Artevitae.it il 14 maggio 2019)
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