Con immenso piacere ho deciso di ospitare nel mio sito alcuni autori che trattano e approfondiscono argomenti sull’Arte, che sia pittura, architettura, musica, fotografia e qualunque forma d’arte antica, moderna e contemporanea.
Questa volta la bravissima Cristiana Zamboni coinvolge con le potenti storie d’amore che hanno ispirato e travolto gli artisti e senza le quali una buona parte dell’arte del ‘900 non sarebbe esistita.
Molti sono i trattati scritti in cui scorrono infinite parole generate al fine di comprendere l’amore eppure, rimane l’indefinito più sconosciuto che si conosca. Provare ad affidarsi all’arte per iniziare ad osservarlo e viverlo in tutte le sue sfaccettature ed in tutte le sue sfumature, può essere un buon punto di partenza. Picasso e Klimt, vissero questo sentimento in un sorta di folle ed intensa ricerca seppur seguendo un iter molto diverso, quasi agli antipodi.
di Cristiana Zamboni
Il linguaggio dell’amore è un linguaggio segreto e la sua espressione più alta è un abbraccio silenzioso. Robert Musil
Il primo, passionale e sprezzante, caratterizzato da una tonalità di onnipotenza così rigogliosa da trasformare chi meno ama in un vero carnefice e l’altra in vittima sacrificabile.
Il secondo, ribelle, delicato e protettivo raffigura l’universo femminile tra castità e seduzione, tra angeli e demoni, in un imperterrito stato di attesa trasformando la donna in una metafora del tempo storico che l’Europa stava vivendo; mutando l’amore in un dipinto costruito su sguardi sensuali e carezze epistolari in cui chi più ama più venera, in cui la vita diventa compagna dell’inquietudine ed il suo amante è il tempo che passa.
E sta sicuro che ti lascerà, chi è troppo amato amore non dà. E sta sicuro che ti lascerà, chi meno ama è il più forte, si sa. Teorema, Marco Ferradini
Quello che ancora oggi possiamo dire di conoscere sull’amore, è un’infinitesima particella di quello che realmente è. Muove il mondo ed, allo stesso tempo, ha generato le più grandi guerre della storia. Nel più antico libro della storia, la Bibbia, si afferma sia il vero motivo per cui siamo stati creati ma , al contempo, è tra le più grandi sufferentia dell’animo umano.
L’amor che move il sole e l’altre stelle. Dante Paradiso, XXXIII, v. 145
Facile ritrovarlo nelle prime righe dei libri più letti della storia come Orgoglio e pregiudizio, Simposio, Mantieni il bacio, L’arte di amare e tantissimi altri ancora, dove è possibile scovare innumerevoli modi d’amare ed altrettanto svariate forme d’amore.
L’amore ha portato poeti, scrittori, psicologi, filosofi ed artisti a ricercarne l’essenza ma, ognuno, può inventarsi la sua, del resto, l’amore e la morte, sono le fazioni più democratiche della vita di un essere umano.
Guardando l’essere vivente cercare, rinnegare, allontanare, maledire e rincorrere l’amore, è facile avere delle riserve sull’agognato sentimento ed è comprensibile pensare che sia meglio affidarsi a ben altri esempi per decifrarlo.
Ci vengono in aiuto l’arte e la letteratura, fonti meno presuntuose e più generose nel mostrare i sentimenti più reconditi ed occulti.
La gente non pensa che l’amore non conti. Anzi, ne ha bisogno; corre a vedere serie interminabili di film d’amore, felice o infelice, ascolta canzoni d’amore; eppure nessuno crede che ci sia qualcosa da imparare in materia d’amore. L’arte di amare di Erich Fromm
Addentrandosi nelle vite degli artisti, non è difficile notare il loro incessante e morboso bisogno di attingere il pennello, per creare le loro opere migliori, nell’amore e seppur percependone la contrarietà e la gioia, la loro genialità, forse, nasce proprio dal loro coraggio di viverlo per rappresentarlo. Vi si abbandonano e lo usano.
La gente vuole trovare un senso a tutto e tutti. Questa è la malattia della nostra epoca. Pablo Picasso
Spesso simboleggiato da un erotismo provocatorio atto a distruggere il bigottismo sociale del momento in cui vivono, o da un battito d’ali d’angelo, o da un bacio rubato e nascosto, gli artisti hanno la capacità intrinseca di trasportare l’amore oltre i limiti dell’umana immaginazione fino ai confini dell’esasperazione ed ai bordi della psiche, rappresentandolo in tutta la sua velleità.
PABLO PICASSO E DORA MAAR
Pablo Picasso incontra Dora Maar una mattina in un bar. Lei giocherellava con un coltellino facendolo saltare da un dito all’altro della sua mano incurante delle ferite che si autoinfliggeva. Donna bellissima e sicura di sé, conosciuta come artista e fotografa pubblicitaria, aveva già lavorato con Henri Cartier-Bresson ed era stata assistente di Harry Ossip Meerson, molto conosciuta per la street photography.
Una donna che, se non avesse conosciuto Picasso, sarebbe molto di più di quel per cui viene ricordata, amante e musa del grande pittore.
Si conobbero grazie a Paul Eluard, poeta amico d’entrambi. Picasso chiese a Dora di omaggiarlo dei suoi guanti insanguinati, li avrebbe esposti in casa sua su di una mensola e lei sarebbe stata gradita ospite ogni qual volta sentisse il bisogno di rivederli.
Le donne sono macchine per soffrire. Pablo Picasso
Questa era, per l’artista, la legge prima dell’essenza femminile e Dora Maar era la bellezza capace di personificarla.
Carica di passione, a volte violenta e collerica, altre stimolante e vivace; Picasso amava tutto di lei, così imprevedibile da personificare un concentrato di emozioni allo stato puro che lo attirava come un magnete.
Picasso era un uomo tormentato ed infedele che amava sentirsi condiviso ed adorato.
Senza rendersi conto che il suo amore egocentrico ed egoista, portava alla lenta e tragica distruzione le donne che lo amavano.
Dora Maar lavorò con lui per nove anni, aiutandolo a costruire la sua arte cubista e concedendosi come sua modella in numerose tele, lasciandosi ritrarre come lui la sente e la vive.
Dipingo come gli altri scrivono la propria biografia. I miei quadri finiti sono le pagine del mio diario. Pablo Picasso
Nelle prime opere troviamo una Dora delicata e malinconica, candida e pura, simbolo di un amore che nasce dalla pace interiore. Per poi trasformarla come nell‘opera La donna che piange, in un insieme di linee sottili che la definiscono ed in cui la sofferenza muta le lacrime in macigni che ne modificano i lineamenti.
Come artista sei meraviglioso, ma moralmente non vali niente. Non hai mai amato nella tua vita, non ne sei capace. Dora Maar
Scrive Dora Maar a Picasso poco prima d’impazzire. Lei fu l’unica che attraverso le sue foto seppe rappresentare il grande artista nei suoi preziosi attimi in cui creava e sorrideva, in cui era o solo Pablo, o solo artista.
Apparentemente diverso dall’uomo autocelebrativo che anelava l’idea di avere tutte le donne della sua vita sedute alla sua stessa tavola, immagine simbolo dell’egolatria dell’uomo artista Pablo Picasso.
La stessa egocentricità che permette a Dora di fotografarlo durante la creazione di Guernica. In realtà, la vera passione di Dora era quella: poter fotografare l’artista nell’atto della creazione. L’amore nacque successivamente, anche se definirlo amore appare un eufemismo. Era più una chimera rincorsa da tutte le donne che si ritrovarono ad avere un rapporto profondo con lui.
Lui desiderava dipingere Dora nuda, mettendo alla prova i suoi limiti e trascinandola nell’abisso del disagio e dell’autocritica e lei, pur di star vicino all’artista e nonostante lui la deridesse in pubblico presentandola, accompagnato da una sonora risata sarcastica, come la sua salvatrice, chinava il capo ed accettava.
Non ha confini il coraggio che nasce dall’amore e per amore si realizza. Non tiene conto di alcun pericolo. Non ascolta nessuna forma di raziocinio. Pretende di muovere le montagne e spesso le muove. Oriana Fallaci
Malgrado lui arrivasse a distruggere l’evento più importante di Dora, una sua mostra personale travestendosi da Matador ed inscenando una corrida dove lei è il toro. Per quanto, nel tempo, si concepisca deformata dallo stesso cubico dolore da lui impostole per restare all’interno della sua legge sull’essenza femminile, lei continuava ad amarlo al limite della venerazione.
Dora, nella sua ambiziosa ricerca dell’amore vero picassiano, lascia la fotografia e decide di dedicarsi alla pittura, ma lui la surclassa in un continuo acido raffronto col suo genio.
La vita artistica e privata di Dora si trasforma in un’altalena che continua a dondolare tra inferno e purgatorio senza mai toccare i confini col paradiso e, nel 1945, inizia ad avere le prime crisi. Imbocca la strada dell’isolamento e rinuncia, definitivamente, alla possibilità di diventare la grande e promettente artista che l’Oracolo della sua vita pre-Picasso, le aveva profetizzato.
Una vittima sacrificale del grande Minotauro, abbandonata all’istante quando la ventata di novità che portava la nuova musa Françoise Gilot, unica donna che si salvò dall’amore distruttivo dell’artista, penetra tra i sensi del grande artista.
L’arte di Picasso è nutrita di questi amori sofferenti, di queste donne distrutte dalla sua egoistica visione dell’amore e della figura femminile.
Un uomo incapace di provare tenerezza che rapisce i sorrisi e le lacrime di una giovane e promettente donna per creare alcune delle sue opere più ricche di sentimento in cui la vera protagonista è solo l’arte, la sua sola arte.
GUSTAV KLIMT
In netta contrapposizione con l’amore di Picasso, vi è l’amore puro e protetto che nasce dalla pittura di Gustav Klimt. L’artista preferito dal genere femminile per le sue tele che ne esaltano la figura e la impreziosisce con sfondi dorati e ricchi d’ornamenti.
Gustav Klimt fu un uomo che frequentò moltissime donne ma non si sposò mai, e dopo la sua morte quattordici persone vennero a reclamarne la paternità ma ne furono riconosciuti solo quattro.
L’amore è un bellissimo fiore, ma bisogna avere il coraggio di coglierlo sull’orlo di un precipizio. Stendhal
Amava le donne e con loro riusciva a creare una profonda e silenziosa comunicazione utilizzando un alfabeto segreto che la sinuosità dei loro corpi generava nella sua mente.
Adorava vederle muoversi nello spazio ed, in ogni sua opera, si delinea una sorta di intenso rapporto intimo con il corpo della modella.
Una tra le sue muse fu Emile Flöge. Si conobbero nel 1891 al matrimonio del fratello dell’artista, Ernst, con Helene la sorella maggiore di Emile.
Fu un amore fatto di lunga corrispondenza, infatti amavano scriversi lettere e cartoline in cui approfondivano i loro pensieri e creavano un’intima amicizia e, probabilmente, l’unico vero amore dell’artista.
C’era in lui come una lacerazione che gli impediva di abbandonarsi alla vita. Per molti anni fu legato da intima amicizia a una donna, ma non riuscì mai a decidersi a un sì definitivo. Si sente che la nevrosi erotica che anima i suoi disegni più vibranti nasce da un’esperienza dolorosa. Klimt non ha mai voluto assumersi la responsabilità di essere felice, e l’unico privilegio che concesse alla donna che amò per anni fu di consolarlo nel momento della morte. Tietze in Gustav Klimt. Lettere e testimonianze
Alla morte del fratello Ernst, Gustav Klimt si prende cura della cognata e della sorella.
Emile aveva appena diciotto anni, era molto più giovane di lui e già un nota nel mondo della moda.
I suoi abiti ottengono un gran successo nella Vienna dell’epoca trasformandola presto in una designer di moda estremamente creativa ed all’avanguardia, fondatrice insieme alla sorella della Schwestern Flöge.
Si vocifera che non l’abbia mai sposata proprio per questo, per non intaccarne la purezza.
Klimt stesso, a proposito dell’amore, scrive : Provo timore e rispetto davanti al vero amore.
Leggendo queste poche parole facilmente si percepisce l’estremo desiderio dell’artista di proteggere questa privata amicizia posizionandola in un piano superiore rispetto ai sentimenti umani. Effettivamente non si hanno notizie oggettive di un qualsivoglia rapporto fra i due amanti oltre alle confidenze ed alle intimità scambiate per lettera.
Un amore rispettoso e silenzioso. Mai vero esplicitamente e protetto dal pittore per non perderne il candore e la dolcezza tipica della sua musa. Con Emile, Klimt, stravolge la sua visione della realtà che, da punto focale ampio e globale, si trasforma in attenzione ai piccoli dettagli rielaborati attraverso un’attenta ricerca coloristica.
Chi vuole sapere di più su di me, cioè sull’artista, l’unico che vale la pena di conoscere, osservi attentamente i miei dipinti per rintracciarvi chi sono e cosa voglio. Gustav Klimt
Emile diventa la protagonista di una delle sue opere più importanti Il bacio del 1907.
Un amore immobilizzato in un bacio eterno, appassionato e dolce oltre che sensuale e preservativo.
La figura maschile viene celata dal semplice gesto di un bacio rivolto all’amante, caratterizzata da una chiara somiglianza con Emile infatti, non di rado, la storia dell’arte affida a lei il personaggio femminile ritratto. Lunghi capelli rossi, pelle candida e giovane bellezza. Ma qualcosa di più intimo è percepibile osservando i femminili occhi chiusi, le sensazioni di quell’intimità espressa nelle parole delle loro lettere.
Qui si racchiude tutta l’idea che Gustav Klimt ha dell’amore. Romantico, simbolico ma non referenziale e prezioso esattamente come l’atto di un abbraccio fra due amanti.
Un abbraccio in cui vi è conoscenza, intimità, sensualità e protezione. Un abbandono totale e complesso da raggiungere in amore.
Con quest’opera l’artista rappresenta l’attimo in cui due persone, come due singoli mondi, si fondono l’una con l’altro generando il simbolo dell’essenza della vita.
Fuori dalla quotidianità e dalle rivoluzioni di genere, un uomo con presa sicura omaggia una donna della possibilità di abbandonarsi completamente in lui traendo, a sua volta da questo abbandono, l’immensa dolcezza e purezza.
Uno scambio alla pari del dono della vita, senza gelosie, recriminazioni e sofferenze che avvolgono l’amore contemporaneo.
Un amore sinonimo delle battaglie sostenute dal pittore per promuovere e difendere la libertà creativa di ogni singolo artista. Libertà nella scelta dei contenuti, delle immagini e delle dimensioni di ogni opera.
Emile fu l’unica donna che gli rimase a fianco per tutta la sua vita, assumendosi anche il ruolo di custode scrupolosa degli attrezzi che l’artista usava per creare come il cavalletto, le camicie indossate quando dipingeva, gli schizzi ed i disegni.
Consapevole e probabilmente nemmeno troppo attenta alle sue innumerevoli relazioni, fu l’unica protagonista dell’ultimo e conclusivo pensiero del pittore. Infatti Klimt, qualche giorno prima di morire le scrisse la sua ultima lettera in cui affidava al potere delle parole tutto il suo affetto per lei.
Di me non esiste alcun autoritratto. Io non mi interesso della mia persona come oggetto di pittura, mi interessano di più le altre persone, soprattutto se di sesso femminile, ma ancora di più mi interessano altre forme. Sono convinto che la mia persona non sia particolarmente interessante. Sono un pittore che dipinge proprio tutti i giorni, dalla mattina fino alla sera. Gustav Klimt
Un affetto puro, ancestrale che l’artista protegge anche dall’ipocrita visione dell’amore e del sesso che stava prendendo piede nella sua Vienna e nel suo essere uomo affetto da una ossessiva e compulsiva ricerca del piacere sessuale e delle donne senza nessun principio di affettività.
Tutta l’arte è erotica. Gustav Klimt
Pulsione che l’artista enuncia nelle sue opere dove il corpo si fa metafora per raccontare la società austriaca che cresce e si forma nelle contraddizioni perenni dei salotti borghesi che regalano a Freud l’ispirazione per sperimentare la sua teoria sulla psicanalisi, in cui viene condannato il realismo sessuale di Schiele con sdegno e pudicizia per praticarlo di nascosto.
Esempio ne è l’accusa di pornografia ed eccesso di perversione che viene rivolta a Klimt per le opere realizzate presso l’ Università di Vienna nello stesso periodo in cui crea l’opera Le tre età, o Le tre età della donna (1905), simbolo del fascino esercitato sull’artista dalla capacità femminile di generare vita.
Gustav Klimt era in preda ad un cambiamento stilistico e spirituale della sua arte affrontando ed interpretando il lato più razionale della realtà anche attraverso argomenti piuttosto scomodi come la morte, la vecchiaia e la malattia ed elaborandoli sempre in chiave simbolica rappresentando la verità scevra di ogni idealizzazione positiva.
Così facendo si posiziona in netta contrapposizione con la società intellettuale dell’epoca che gli si rivolta contro sfiatando allo scandalo di fronte alla bruttezza ed alle nudità che popolavano l’opera.
Una domanda alla quale non sono riuscito a rispondere, nonostante 30 anni di ricerche sull’animo femminile, è: “Cosa vuole una donna?” Sigmund Freud
E’ nella sacralità di generare la vita che Klimt venera la figura femminile e ne osserva le forme, la luce che s’infrange nelle pieghe della pelle ed è in tutto questo femmineo mistero che l’artista la percepisce come un essere necessario e mai scontato, mutandolo nel simbolo per eccellenza della vita esattamente come per la morte e attraverso le immagini ed il colore crea un racconto che attraversa tutto l’arco del progressivo decadimento della vita.
L’amore è il più necessario tra i bisogni dell’essere umano, sia esso usato in modi diversi e con finalità altrettanto diverse.
Usato, abusato, dissacrato e sempre ampiamente fagocitato da una parte del genere umano per placare qualsiasi tipo di sofferenza e prescritto come palliativo per soffocare la solitudine e completare il proprio essere. Colore prediletto di certi artisti come sfumatura indispensabile per autocelebrarsi e costruirsi un’onnipotenza che, a ragion veduta, li conclami nell’olimpo dell’arte come dei unici ed inimitabili.
Oppure, idolatrato e protetto dalla restante parte del genere umano.
Simbolo di purezza e capitale da incrementare e preservare al fine di ambire ad una dimensione superiore dell’essere umano.
Colore indispensabile di taluni artisti per simboleggiare, attraverso l’amore, l’essenza della vita per eccellenza trasformandolo in ingrediente imprescindibile per un’esistenza viva e piena di fondamento.
L’amore? Toglietemi pure tutto, l’oscar, il denaro, la casa, ma l’amore no, non portatemelo via: l’amore è pioggia e vento, è sole e stella.L’amore è respiro e, lo so, lo so, è veleno. Certe sere mi dico: Anna apri l’occhio, questa è la cotta che ti manda al creatore. Perché, vedi, lo ammetto ho un carattere eccessivo e smodato. Non mi so frenare, ogni volta che amo mi impegolo fino ai capelli. Sapessi che strazio, poi uscirne vivi, che tragedia scappare! E una mattina ti svegli nel letto e non hai più sangue. Ma poi ricomincia ed è meraviglioso. Anna Magnani
L’amore, l’eterno moto che muove il sole e le stelle, diviene il vero fine dell’esistenza di un essere umano in cui l’anelata essenza e piacere è il fine di tutte le esistenze e che, inconfutabilmente, è fonte di non poche sofferenze si mescia alla contraddizione per antonomasia e l’inspiegabile per natura.
Comunque sia è la complessa coniugazione tra amore e arte che spiega perfettamente come senza amore non ci sarebbe arte e senza arte non ci sarebbe la rappresentazione della bellezza che la vita ci regala ogni giorno. Qualunque sia il tipo di amore ed il personale modo di viverlo.
© Cristiana Zamboni 2020
©pubblicato su https://cristianazamboni.it/ il 16 aprile 2020
NOTE BIOGRAFICHE SULL’AUTRICE
Cristiana Zamboni, classe 1969, si diploma al liceo artistico di Bergamo, successivamente Frequenta l’Istituto San Calimero di Milano dove si specializza in Grafica Pubblicitaria, Art Design.
Inizia a collaborare con studi pubblicitari e case editrici per la realizzazione di pubblicità e libri per bambini. Freelance presso studi d’architettura per la realizzazione di stand fieristici e quadri d’arredo. Continua a studiare e si specializza nell‘insegnamento al disegno per l’autocoscienza di sé, per la copia dal vero e la figura umana. Scrive per riviste on line articoli d’arte. Dipinge e crea pannelli d’arredo.
Dal 2015 al 2017 le sue opere sono esposte in permanenza presso la Galleria Merlino di Firenze.
Vince il primo premio ex equo al Museo Arte Scienza di Milano nel 2015.
Partecipa al contest Arte dell’immaginario al Palazzo della Permanente di Milano.
Partecipa a varie edizioni della Rassegna di Letterarte a Monza ed espone in mostre nazionali.
Attualmente scrive, dipinge, scrive articoli sulla storia dell’arte ed ha un blog su www.cristianazamboni.it e si è specializzata nella fotografia di ritratto.
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