La prestigiosa scenografia del MIA FAIR 2016, ospitata nello spazio del centro The Mall, l’avveniristico centro polifunzionale nel quartiere Porta Nuova Varesine, ospita un autore che già da tempo mi aveva colpito e incuriosito: Nicolo’ Quirico.
Nelle opere di Nicolò Quirico si percepisce la grande influenza di Bernd e Hilla Becher ma con una declinazione ancora differente, molto più attuale.
Nicolò Quirico, classe 1966, dal 1985 al 2004 si è occupato di comunicazione visiva e da questa esperienza ha tratto una sua visione personale dello spazio composta da strati di storia, memoria e cultura che da tempo incuriosisce e affascina i collezionisti.
La sua fotografia non si limita a registrare solamente vedute urbane o ad interessarsi ad un’indagine formale sull’architettura, ma le pieghe dell’immagine e le scelte tecniche del fotografo concedono qualcosa di nuovo allo sguardo dello spettatore.
L’impressione che si ricava dalle sue inquadrature sembra infatti, ad una prima analisi soffermarsi sulle canoniche immagini descrittive ma poi, scrutando nella sostanza della fotografia, si scorge la complessa struttura che le lega.
Nicolò Quirico nella sua fotografia si confronta con città iconiche come Parigi o Londra, ma anche Genova, Torino, Milano, tutte facenti parte di un progetto ad ampio respiro intitolato: “Palazzi di parole“; nella sua ricerca artistica il pmezzo fotografico è la base er arrivare a realizzare installazioni di matrice concettuale.
La sua è una tecnica di stampa unica e particolarissima, ogni immagine è una parte a sé, non è azzardato affermare che, nonostante siano prodotte in tirature molto limitate, ogni copia sia una copia unica, inimitabile.
Quirico sceglie, in base alla tipologia dell’edificio fotografato, fogli di antichi libri, giornali, vecchie annotazioni scritte a mano da sconosciuti, scritti provenienti dai mercatini dell’antiquariato, dalle librerie frequentate durante i viaggi in una Babele di scritti in lingue, argomenti, grafiche, tipografie e carte differenti, selezionati ed incollati strato dopo strato su un supporto rigido, di grande formato, in modo che parole coincidano con la forma degli edifici e la trasparenza della stampa fotografica le renda, almeno in parte ancora leggibili.
Sono il simbolo degli abitanti che vivono o hanno vissuto in queste architetture, le loro voci danno forma all’edificio e nello stesso tempo ne sono costrette.
per saperne di più:
http://www.quirico.com/biografia.html
©Giusy Baffi 2019 (pubblicato su www.artevitae.it – 16 luglio 2016)
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