Dalì e Gala, un amore travolgente, coinvolgente, immenso. Un amore aggressivo e trasgressivo, in un continuo altalenarsi di eccessi, al di là delle convenzioni, in bilico tra genio e follia, oltre ogni limite.
Un amore che, superando i confini della vita stessa, è diventato leggenda.
Senza Gala, Dalì probabilmente non sarebbe il più grande pittore surrealista del ‘900, ma anche Gala senza Dalì sarebbe stata velocemente dimenticata.
“Presto lasceremo la vecchia Europa, la cara Catalogna, e ci imbarcheremo per l’America. New York, la metropoli nuova che ci attende, con le sue luci, i suoi grattacieli, le gallerie, i collezionisti e tutto il resto. Noi, Gala e io, saremo gli ospiti d’eccezione di ogni festa, la gente si chiederà cosa saremo capaci di fare per stupire e provocare, come ci vestiremo e quale scomoda verità saremo in grado di tirare fuori. Ci pagheranno un sacco di dollari per averci tra loro e, ma già lo sai, Gala è molto avida di ricchezza e di potere. Godrà a farsi riconoscere per strada come la musa ispiratrice del più grande pittore del Novecento, Salvador Dalí. Insieme ci faremo fotografare e firmeremo autografi. Diventeremo più celebri di Picasso, l’unico che forse può ancora starmi dietro quanto a fama. Staremo sempre insieme pur non condividendo sempre lo stesso letto, inseguiremo noi stessi attraverso altri sguardi, altri corpi. Avremo amanti e saremo amati, in un corto circuito dove tutto si confonde pur restando fedele a se stesso. Il nostro è un progetto, il vostro è stato un amore come tanti e Salvador Dalí sarà per sempre l’unico uomo che sarà riuscito a renderla felice. E soprattutto, donna”.
In questa lettera scritta da Salvador Dalì al poeta Paul Eluard, il primo marito di Gala, è sintetizzato lo stretto rapporto fra Gala e Dalì che durerà tutta la vita.
Ma cominciamo dal principio.
Salvador Dalì, (1904-1989) è stato un artista affascinato fin dall’inizio dalla luce e dai colori di Cadaquès, il luogo, per lui magico, dove trascorreva da ragazzo le sue vacanze estive.
All’inizio fu la sorella a posare come modella, Salvador Dalì aveva l’abitudine di dipingerla affacciata ad una finestra, gli occhi pronti a cogliere ogni dettaglio, mentre la luminosità del villaggio fluiva dalle sue dita ai pennelli.
In seguito si trasferì a Parigi dove ebbe l’occasione di incontrare Pablo Picasso, Mirò, Man Ray, Max Ernst. Dopo questa esperienza parigina la sua pittura viene fortemente influenzata dal futurismo, dal cubismo, dal dadaismo e soprattutto dall’opera metafisica di Giorgio de Chirico.
Nel 1929 fece il suo ingresso nel gruppo dei surrealisti, anche se il surrealismo di Salvador Dalì è fortemente caratterizzato dalla sua particolare personalità ed imbevuto di evidenti richiami alla psicanalisi freudiana.
La sua pittura diventa quindi un mezzo d’espressione che, attraverso il subconscio, fa emergere il mondo nascosto della mente cosciente, sottolineata da una tecnica pittorica minuziosa, fredda, quasi levigata.
I suoi dipinti sono deliranti, come usciti da un incubo in cui cerca di spiegare qualcosa di incomprensibile, Il gioco lugubre è il dipinto più rappresentativo di quel periodo.
Fu proprio a Cadaquès, nella calda estate del 1929, che Dalì ospitò i maggiori pittori surrealisti, i poeti e i registi dell’epoca, da Magritte a Buñuel. A questi si aggiunse il poeta Paul Eluard con sua moglie Gala (Helena Diakonova 1894-1982). Tra Dalì e Gala esplose un amore travolgente, una passione ed un sodalizio che durò tutta la vita. Donna non bella ma di grande fascino e di notevole intelligenza, Gala comprese immediatamente la forte personalità di Dalì ed il profondo significato del dipinto Il gioco lugubre.
“Amo Gala più di mia madre, più di mio padre, più di Picasso e perfino più del denaro”– Salvador Dalì
Per Dalì esisteva solo Gala, sempre Gala: amore, ossessione, erotismo, follia, delirio, musa ispiratrice onnipresente nei suoi quadri, nelle sue opere, nella sua mente.
Sia il nuovo genere pittorico che la relazione con Gala, di dieci anni più vecchia, crearono a Dalì prima un contrasto e poi la rottura con la sua famiglia d’origine, che gli vietò ulteriori frequentazioni nella casa di famiglia a Cadaquès.
A poca distanza da Cadaquès c’era un piccolissimo villaggio di pescatori, Port Lligat, che affascinò totalmente sia Dalì che Gala diventando uno scenario dal quale non riuscirà più a separarsi.
Di Port Lligat Dalì disse: “è uno dei posti più aridi, minerali e isolati della terra e grazie alla sua natura umile ho compreso il vero principio dell’ironia.”
Con la vendita del quadro The old age of William Tell, Dalì acquistò il primo capanno di pescatori a Port Lligat e andò a viverci con Gala.
“Poteva essere la mia Gradiva (colei che avanza), la mia vittoria, la mia donna. Ma perché questo fosse possibile, bisognava che mi guarisse. Lei mi guarì, grazie alla potenza indomabile e insondabile del suo amore: la profondità di pensiero e la destrezza pratica di questo amore surclassarono i più ambiziosi metodi psicanalitici.” Salvador Dalì
Port Lligat divenne il posto del cuore di Dalì, una casa in continua espansione, intesa fin dall’inizio come un’opera d’arte essa stessa.
Come una crescita cellulare, la casa di Dalì e Gala aumentava di dimensione man mano che acquistavano i capanni adiacenti dei pescatori, ampliata fino a diventare un labirinto multipiano di stanze comunicanti, costruite sulla struttura originale.
Per la coppia, che passava buona parte dell’anno tra Parigi e New York, a stretto contatto con artisti ed esponenti del jet set internazionale, quella casa divenne il loro rifugio di ogni primavera ed estate, per quasi 50 anni fino al 1982, anno della morte di Gala.
La relazione con Gala è forte, insieme formano una squadra sempre più unita dal crescente numero di opere commissionate.
A seguito della guerra civile spagnola Dalì e Gala vissero in Italia e Francia, e poi negli Stati Uniti durante la seconda guerra mondiale.
Nel 1948 ritornati a Port Lligat, al quotidiano spagnolo La Vanguardia Dalì dichiarò: “Non sono l’uomo che ha rapito il panorama, è il panorama ad aver rapito me, voglio tornare a dipingere la mia mitologia, con luoghi precisi visti in un modo nuovo, sono fedele alla nuova fisica, non è più la psicologia freudiana ad attrarmi ma la geografia di luoghi dove persiste la mitologia”.
Nella loro casa, ampliata e divenuta definitiva nel 1949, Dalì posizionò degli specchi nella camera da letto in modo che riflettessero, senza soluzione di continuità, il panorama che si vedeva dalla finestra. Tutta la casa celebra il culto di Gala, anche l’ultima annessione, una stanza ovale che, con la sua eco perfetta, corona l’intero complesso edilizio.
Questa è l’ultima estensione cellulare della casa di Port Lligat, ma che diventa anche la prima estensione del castello di Pubol che pochi anni dopo Dalì regalò a Gala.
Già negli anni ’30 Dalì aveva promesso a Gala che le avrebbe regalato un castello, e Pubol rappresentava la promessa mantenuta. Galà non accettò subito, ma mentre erano in navigazione verso gli Stati Uniti, gli disse: “Accetto il castello di Pubol ad una condizione, che mi verrai a trovare solo su invito scritto”.
Esasperata dalle continue visite di amici ed artisti nella casa di port Lligat, Gala voleva uno spazio tutto per sé: ”tutti pensano che io sia una fortezza ben difesa, quando al massimo posso essere una piccola torre barcollante che per pudore cerca di coprirsi i propri fianchi già in rovina per trovare un po’ di solitudine” – Gala Dalì
“Dovevo ancora offrire a Gala uno scrigno che sottolineasse ancora più solennemente il nostro amore, così le ho dato una villa costruita su un castello del XII secolo, l’antico castello di Pubol, dove avrebbe regnato da sovrana assoluta.” – Salvador Dalì
Gala morirà nel suo castello nel 1982, Salvador Dalì le sopravviverà per sette anni, al momento della sua morte nel 1989, stava ascoltando la “loro” musica: Tristano e Isotta di Richard Wagner.
La loro grande storia d’amore e le opere di Salvador Dalì diventano così immortali.
©Giusy Baffi 2019 (pubblicato su Artevitae.it 15 ottobre 2018)
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