Segni particolari: cornicette ebanizzate. Caratteri salienti: severità e linearità. Ascendente: rococò di matrice tedesca e francese. Questo l’dentikit del mobile lombardo del Settecento
E’ il 1714 quando il Ducato di Milano passa dalla dominazione spagnola agli austriaci. Nel 1740 muore l’imperatore asburgico Carlo VI e la figlia Maria Teresa, sua erede al trono, è acclamata Duchessa di Milano. La Lombardia, avvezza a un gusto severo, riesce ad avere in questo periodo una debole fioritura dello stile rococò o barocchetto suggerito essenzialmente da quello austro-tedesco e francese.
Una probabile fonte di ispirazione sono stati i mobili realizzati da Abraham Roentgen, (1711-1795) che aprì nel 1750 a Neuwied vicino a Coblenza una bottega che divenne nel giro di pochissimo tempo famosa a livello internazionale e dalla quale uscivano mobili di gusto barocchetto dagli intagli e intarsi molto particolari; ma non solo, erano ben conosciute dagli artigiani e dalle botteghe lombarde anche le stampe tedesche per ornati e le incisioni per mobili di Johann Michael Hoppenhaupt e Franz Xavier Habermann.
Tra il 1730 e il 1770 vengono realizzati, per l’aristocrazia lombarda, cassettoni, trumeaux, ribalte in stile barocchetto; costruiti normalmente con la struttura in legno dolce (pioppo o abete) e quelli di alta committenza con la struttura in noce, rifiniti poi da lastronature in varie essenze, più comunemente in radica di noce, e, a volte, anche da laccature.
Cornicette lombarde
Tipica espressione del mobile barocchetto lombardo, anche se ogni tanto la si trova in qualche mobile romano, è l’applicazione a scopo decorativo di sottili cornicette in legno da frutto che venivano “ebanizzate” cioè tinte di nero oppure lasciate nel loro colore (e in questo caso spesso incontriamo il noce); a volte veniva ignorata la ripartizione dei cassetti e le cornicette disegnavano sul fronte volute e arabeschi conclusi, altre volte le stesse venivano applicate con geometrica polipartitura sui cassetti.
Nei mobili di maggiore committenza non è raro trovare una doppia fila di cornicette, all’interno delle quali si applicava a volte un’impiallacciatura di essenza differente dalla lastronatura del mobile; le sagome delle cartelle riprendevano le varie tipologie delle formelle lombarde ispirate molto spesso sia all’architettura che alla decorazione ecclesiastica.
Fronte mosso e ondulato
I mobili si presentano sovente con un andamento del fronte mosso e ondulato, mentre i fianchi tendono a essere dritti o appena concavi; gli angoli, spesso scantonati, sono impreziositi da riccioli e lesene ebanizzate; il piano calatoio delle ribalte può avere un movimento concavo.
Di solito questi mobili poggiano su piedi foggiati a ricciolo, sia rivolto all’ interno che all’esterno, a pera rovesciata, a cipolla schiacciata o a vasetto.
Un’altra peculiarità del mobile lombardo sono le maniglie a pomolo, spesso in bronzo.
La solennità dei trumeaux
I trumeaux hanno il corpo superiore costituito da un’alzata “solenne” la cui cimasa, spesso sottolineata da diverse modanature nere, ricorda la struttura degli altari delle chiese lombarde, l’alzata è chiusa da una o due ante, sovente con specchi, sotto le quali una piccola tavoletta estraibile ha la funzione di porta candeliere, in modo che fiammella della candela possa riflettersi negli specchi per amplificarne la luce.
Il corpo inferiore, a tre o quattro cassetti, non è altro che la coniugazione della ribalta e uno scarabattolo con piccoli tiretti è solitamente posizionato all’interno del piano calatoio.
I cassettoni e le ribalte, sia a linee rigide che mosse, sono quasi sempre a quattro cassetti di cui uno più piccolo nella fascia sottopiano, con le cornici ebanizzate a rilievo che esaltano la bicromia della radica.
Un altro mobile tipico del barocchetto lombardo è il cassettone a ribalta definito a urna, per il suo aspetto che richiama un sarcofago, di forma bombata dalle linee mosse e arrotondate che proseguono nella ribalta, a tre o quattro cassetti, è solitamente in radica di noce, spesso con cornicette o con intarsi in essenze contrastanti.
Botteghe e artefici
Negli Stati Italiani del 1700, contrariamente ad altri Paesi Europei, non c’era l’obbligo da parte degli ebanisti di firmare i mobili, ci troviamo quindi purtroppo nel buio profondo nell’assegnare determinate tipologie di mobili a particolari artefici o botteghe.
Si staccano da questa massa sconosciuta di abili ebanisti, quei pochi che hanno posto una firma ai loro manufatti: i fratelli Valentini, o De Valentiniis, documentati intorno al 1763, Giuseppe Colombo detto il mortarino per la sua provenienza da Mortara, attivo tra il 1774 e il 1790, per poi arrivare a Giuseppe Maggiolini.
E’ infatti attribuibile ai fratelli Valentini la splendida coppia di ribalte a urna, lastronate in radica di noce che, ignorando la ripartizione dei cassetti, presenta sul fronte mosso la doppia fila di cornicette ebanizzate.
Nella scheda redatta da Giuseppe Beretti per l’imponente e raffinata ribalta con alzata della foto contrassegnata da * asterisco, di altissima committenza, dalla struttura in noce e lastronata in radica di noce con i tre cassetti sottolineati da tre cartelle dai peculiari profili ebanizzati, viene menzionato un altro artefice milanese, Luigi Fratini che firmò nel 1751 una ribalta con alzata passata in asta da Sotheby’s nel 2006.
C’è quindi da sperare e da augurarsi che possano venire approfonditi gli studi, già in corso, sul mobile rococò lombardo con le sue botteghe e artefici, perchè, come scrive nella stessa scheda Giuseppe Beretti: “….. si tratta di un capitolo tutto da scrivere, ma che, c’è da scommettere,verrà sicuramente scritto basandosi sulle fonti documentarie che, ad una attenta quanto lenta e faticosa consultazione, stanno rivelando informazioni sorprendenti. Emerge con assoluta chiarezza che nella storia del mobile milanese vi fu una stagione di raccolti raffinati……..”
©Giusy Baffi 2019 (pubblicato su “Cose antiche” N.188 – Settembre 2008)
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