Che sia di grano, di segale o d’avena, la paglia è sempre stata un materiale di facile ed economico reperimento, utilizzata per intarsiare mobili e piccoli “objets de vertu”.
Fin dalle epoche più antiche fu usata, bagnata, battuta e cucita per fare stuoie, tagliata e intrecciata per i cappelli e i panieri, filata all’arcolaio per creare ricami, e poi tinta, tagliata, appiattita e ritagliata per realizzare intarsi ad imitazioni delle varie essenze del legno.
Nonostante non sia certa da dove tragga origine la tarsia di paglia, è convinzione comune che provenga dall’Italia attraverso i monaci Cappuccini e le suore Clarisse.
Questi ordini, la cui regola era la povertà assoluta, non potendo adornare le loro chiese e conventi con intarsi in materiali preziosi, iniziarono a creare tarsie realizzate pazientemente in paglia naturale o precedentemente colorata.
Con queste tarsie decoravano paliotti d’altare, tabernacoli, scatole per le ostie e patene, nonché reliquiari, immagini votive e quadri d’ispirazione sacra. Molto spesso la paglia era applicata su fondi in legno ebanizzato dove il colore biondo del materiale veniva naturalmente esaltato al punto da assumere una calda colorazione dorata: da qui la definizione di oro dei poveri.
Il XVII secolo è il periodo di maggior espansione degli ordini monastici, in particolare Cappuccini e Clarisse che dall’Italia si diffusero per tutta l’Europa, soprattutto in Francia, Paesi Bassi, Germania del sud, Austria, Svizzera.
Alla fine del 1600 l’intarsio in paglia viene utilizzato anche in Inghilterra; Robert Wiseman, artigiano intarsiatore di Oxford, durante un suo viaggio in Italia ne importò la tecnica migliorandola fino a raggiungere l’eccellenza, intarsiando con piccolissime tessere di paglia colorata paesaggi, rovine, chiese su oggetti da toilette, su piccole scatole, su scrittoi, tabacchiere.
Nello stesso periodo a Parigi suscitano un grande entusiasmo gli oggetti lavorati con la paglia.
La maggior parte di questi manufatti era prodotta come sempre dalle suore dei vari ordini monastici e consisteva principalmente in ricami in paglia su fondo seta applicati a piccole scatole rotonde, flaconcini di profumo, portafogli e borsette, elemosinieri, piatti e vassoi; le decorazioni consistevano principalmente in fiori, foglie, rami e racemi, a volte angeli e santi.
Alcuni di questi esemplari sono ancora conservati nei musei delle Arti decorative di Lione e di Parigi.
Parecchi scrittoi da viaggio della fine del 1600, di probabile matrice italiana, hanno intarsi in paglia che riproducono scene di battaglie, ispirate dalle incisioni di Antonio Tempesta, o storie tratte dall’Antico Testamento. Sono oggetti che testimoniano la particolare abilità e precisione di questi anonimi artigiani poiché la paglia, quando viene incisa troppo profondamente, tende a spaccarsi e l’inchiostro a sbavare.
Ma se per tutto il XVII secolo la produzione è quasi esclusivamente di origine monastica e consiste nella realizzazione di piccoli oggetti, nel XVIII e XIX secolo la moda degli intarsi in paglia si diffonde maggiormente interessando anche gli arredi. La maggior parte dei manufatti viene sempre meno prodotta nei monasteri a favore delle carceri. La duttilità del materiale, la sua economicità e il bellissimo impatto visivo ne decreta il successo.
In Francia l’Abbazia di Mont-Saint Michel viene trasformata in prigione dalla fine del 1700 al 1863, più di 15.000 condannati vi scontarono i loro anni di pena: per occupare il tempo furono in tanti a perfezionarsi in lavori con la paglia.
Intarsi con paesaggi tropicali testimoniano che anche nelle carceri delle colonie francesi, Guyana e Nuova Caledonia, una buona parte dei prigionieri fosse dedita a quest’attività.
A Parigi, intorno al 1780, sono due i grandi mercanti specializzati nel commercio della merce intarsiata in paglia: Chervain con bottega in RueTiquetonne e Delasson con un deposito situato nell’arcata dietro il coro della chiesa Saint Martin de Champs.
Delasson, in particolare, vende mobili di vario genere interamente intarsiati in paglia. Di questi mobili sono degni di citazione alcune angoliere in legno intarsiate in positivo/negativo alla maniera di Boulle, con la paglia colorata nelle varie sfumature del legno o al naturale per esaltare i suoi riflessi dorati; mobili-scrittoio, nel più leggiadro e puro stile Luigi XV, con meravigliosi intarsi in paglia coniugati alla decorazione in lacca vernis-Martin nera, a imitazione delle lacche cinesi, o evidenziati da cornici in bronzo cesellato; piccoli tavolini intarsiati in paglia con scene tratte dai quadri di Vernet e Termiers; mobili firmati Adrien Delorme, François Garnier, Nicolas Petit.
Tutto questo lascia supporre che gli ebanisti dell’epoca costruissero i mobili e che gli ateliers di Delasson o di Chervain facessero realizzare gli intarsi in paglia dai monaci o dai detenuti.
Nel XIX secolo in Gran Bretagna, a seguito delle campagne napoleoniche, furono costruite una gran numero di carceri nelle quali vennero detenuti oltre 50.000 prigionieri di guerra di ogni nazionalità. A molti di essi, trattandosi di mano d’opera gratuita, furono fatti eseguire intarsi di paglia su appositi arredi.
Norman Cross a Peterborough fu uno dei penitenziari più grandi dell’epoca e nel museo della città sono attualmente esposti oltre 150 manufatti intarsiati in paglia.
Negli stessi anni anche in Baviera, a Berchtesgaden si contano diversi artigiani e numerosi prigionieri dediti a questa arte. A Monaco nel Bayerisches Nationalmuseum e a Norimberga al Germanisches Nationalmuseum si possono ammirare parecchi oggetti di questo genere.
In Italia, tra il 1840 e il 1900, oltre ai sopra menzionati ordini monastici, ci furono artigiani mantovani specializzati nella produzione di scatole con il coperchio intarsiato in paglia con fiori o paesaggi e il nome di città turistiche sia italiane che europee, ciò lascia ipotizzare che si tratti ormai di produzioni in serie destinate sia in Italia che all’estero; a Sorrento, verso la fine del secolo, anche famosi intarsiatori come Antonino Damora e Luigi Gargiulo utilizzarono eccezionalmente la paglia per foderare gli interni di secrétaires e cassetti.
Questi oggetti, un tempo considerati poveri proprio per l’economicità della realizzazione e quindi sottovalutati oltre che molto deperibili, sono ormai rari e difficilmente si trovano sul mercato antiquario appartenendo in prevalenza a collezioni private o museali e acquisendo di conseguenza un discreto valore economico.
Bibliografia:
De Caunes-C. Baumgartner: La marqueterie de Paille ed. Vial 2004
©Giusy Baffi 2019 (pubblicato su Cose Belle Antiche e Moderne n. 37 novembre 2012)
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